giovedì 19 gennaio 2012

FRA I SASSI, 25 ANNI DOPO LA SCOPERTA

La visita di quest'anno segna un'eccezione. Non racconterò di una miniera, ma di una grotta. La grotta per antonomasia, in Italia, se ancora è lecito usare questo termine. Anzi: le grotte: quelle di Frasassi, e del resto visitarle a settembre 2011 ha un suo particolare perché.

Il 25 di questo mese ricorrono 40 anni tondi dal giorno della scoperta di questo sconfinato astratto, sicuramente un episodio tra i più coinvolgenti del contatto tra uomo e natura. E percorrere oggi per due volte (andata e ritorno) quel dedalo da 800 metri è un esperienza che porta con decisione a considerare il bene e il male della relazione tra l'uomo e il creato. Non puoi ch'esser grato all'uomo, anzi agli uomini che nel 1971 le scoprirono, per aver dato la possibilità all'umanità di godere di una vista tanto stupefacente e variegata sull'antro del pianeta. Al tempo stesso, però, non puoi non notare come le uniche note – anzi, colorazioni – stonate là dentro siano proprio frutto dell'uomo, o meglio di quei visitatori che negli anni, si sono infischiati degli appelli al 'non toccare' rivolti loro dalle guide, e posano dita su stalagmiti e stalattiti ne hanno provocato un evidente e brutto annerimento.

Certo è che quel gruppo di membri del locale Club Alpino, all'epoca, devono aver vissuto un emozione davvero indicibile “quando il sasso iniziò a cadere” (come cita la guida che ci fa strada in visita) e toccò terra solo dopo istanti che apparvero lunghissimi. Quella corrente d'aria che fuoriusciva da una 'tana' nel terreno li insospettì, vivaddio: là sotto c'era una cavità capace in volume di alloggiare l'intero Duomo di Milano, e l'inizio della scoperta avvenne proprio dopo che quel sasso cadde all'interno risuonando all'atterraggio solo molto in lontananza. In piccolo, il visitatore rivive oggi quell'emozione, anche perché, tra le varie che si visitano, quella grotta è proprio la prima a rivelarsi: immensa, variegata, ricca di particolari che pian piano si svelano grazie anche ad una efficace e non invasiva illuminazione.

Puoi distinguere così la gigantesca stalagmite che riproduce involontariamente il profilo del Sommo Poeta; un 'gigante' cresciuto in appena 130mila anni; la mastodontica 'spada di Damocle” che scende dalla volta per quasi 7 metri e mezzo. Andando avanti, c' è occasione per apprezzare scenari meno vasti, ma non meno stupefacenti, il laghetto che intravedi in profondità sotto la cosiddetta 'orsa'; l'altro specchio d'acqua detto 'delle candele' che sembra appena uscito da una favola; le concrezioni a forma di foulard, o tovaglia o 'fettina di lardo', come una delle più celebri viene chiamata. Il percorso turistico è relativamente breve, se si pensa che sono in tutto 30 chilometri i percorsi riportati alla luce nell'arco dei 40 anni: un po' di più si riesce a visitare con i due percorsi speleologici, per i quali è bene metter in conto più tempo dei canonici 270 minuti, egregia preparazione fisica e immunità alla claustrofobia. Certo è che anche nella visita-base c'è abbastanza per imprimere indelebilmente, anche perché a fissare fortemente i colori provvede il passaggio di ritorno nella grotta grande, subito prima di riuscire da questa bolla fuori del tempo, dove la temperatura è sempre compresa tra i 13 e i 14 gradi (e l'umidità tra il 90 e il 99 per cento).

Fuori ci aspettando dintorni interessanti, come l'accogliente Fabriano, l'interessante museo della carta e il gioiello romanico della vicina abbazia di San Vittore. Peccato per la biglietteria delle Grotta, nel nostro caso scortese e indisponente.

(15 settembre 2011)

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