sabato 6 settembre 2014

SERRACOZZO, UN SOMMERGIBILE NERO SULL'ETNA

La prima miniera di memorie di quest'anno sbuca all'improvviso, come il periscopio di un sommergibile nero. Che appare non sul mare, bensì lungo un sentiero di risalita verso la vetta del più vivo e viscerale dei monti d'Europa. Il sentiero e' il 723, il monte e' l'Etna: 3400 metri in quota ad una vetta che da millenni il monte fa e disfa a proprio piacimento, attingendo a quella straordinaria riserva di materia che conserva sotto il suo cratere. Quando saliamo, l'ultimo ritocco risale a pochi giorni prima: l'eruzione estiva del 2014 ha creato una nuova e più alta cresta sul cratere di sud est. Bagliori, lapilli ed esplosioni sono ora terminati, sminuendo apparentemente la spettacolarità della nostra escursione programmata grazie a due cari amici catenoti. Per contro, scopriremo cammin facendo che il non avere lo sguardo fisso sulla vetta consente di apprezzare meglio ciò che ci troviamo sotto i piedi e dintorno, passo dopo passo.



La camminata prende il via intorno alle 4 del pomeriggio dal Rifugio Citelli, una delle basi storiche e necessarie per ogni spostamento alle pendici de vulcano. A guidarla e' Daniele Pennisi, guida ambientale e membro di un manipolo di persone che da un paio d'anni si e' preso in carico la gestione del rifugio. Dentro al quale, durante un veloce pasto prima del via, ci adattiamo gradualmente alla percezione di quei contrasti che caratterizzano l'essenza stessa di questo habitat. Contrasti che si affacciano casualmente sullo schermo tv (mangiare in un rifugio seguendo una gara di tuffi ci sembra piuttosto anomalo), fanno capolino dalla cucina (dove opera un barbuto aiuto-cuoco, valtellinese nell'aspetto e nell'accento, da alcuni anni trasferitosi fin quaggiù per scelta professionale e di vita). E soprattutto, si materializzano ogni volta che muoviamo lo sguardo tra la vetta e quanto più in basso a valle, ovvero al mare. 

 

Con Daniele e con l'ambiente in cui ci introduce, il nostro piccolo gruppo (7 persone, tra cui 2 bambini di 9 anni) prende confidenza gradualmente. La prima ora passa quasi silente, con i più piccoli che manifestano più apertamente il disagio che ognuno riscontra nell'adattarsi a pendenze crescenti, pietre scivolose e distese di sassolini neri in cui ogni nuovo passo sembra affogare più del precedente. Non ci sono elementi scientifici per provarlo, ma in realtà la prima causa di disagio in questa fase per il nostro organismo è progressivo addentrarsi in un contesto tanto naturale quanto avulso dalla natura a cui siamo abituati. Questo nero totalizzante, le betulle e gli astragali che incredibilmente vi ricrescono sopra, la percezione di una sì gigantesca forza è qualcosa che non può non creare turbamenti ad esseri come i nostri, sin troppo avvezzi a situazioni da total control dell'uomo sul suo ambiente.



Due voci di donna poco sotto di noi, ad un certo punto, smorzano la tensione. Sono due escursioniste 'free', incamminatesi da sole e presto sperdute nella vegetazione. Daniele scende a valle di pochi metri, quanto basta per instradarle sul sentiero. L'occasione è propizia per far riprendere fiato al gruppo. E per raccogliere lo sfogo della guida sull'improvvisazione che accompagna sul vulcano masse di persone di ogni genere ed età, ogni volta che la lava si staglia all'orizzonte. "Tre minorenni con tacchi a spillo e minigonne rimaste incastrate con una minicar. Oppure una coppia con infradito ai piedi: ultimamente ho trovato gente di questo tipo - racconta Daniele - purtroppo la notorietà del posto non si accompagna ad un'adeguata consapevolezza". 



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DENTRO LA GROTTA DEL FUOCO

Ripreso il cammino, non passa molto prima della nuova sosta. Arriva in corrispondenza di una vasta radura, colore di fondo rigorosamente nero. E' Serracozzo, 1800 metri sul mare. Su di un lato, notiamo un lungo costone di roccia lavica cristallizzata: sembra una mezza pinna di balena. Daniele ci fa strada su un tratto scosceso per diversi metri. Davanti agli occhi ci troviamo improvvisamente una cavità oscura. E' la grotta di Serracozzo. E' lei, la nostra miniera di memorie all'improvviso.


Per entrare abbassiamo schiena e gambe fino a trovarci per un attimo carponi. Siamo finalmente dentro ad un ampio cono, esteso in altezza (cinque metri circa) larghezza (3-4 metri) ma soprattutto lunghezza. Si tratta di una delle 250 cavità naturali ufficialmente censite sull'Etna. A crearle e distinguerle non è l'acqua bensì il fuoco, il magma, i gas ed le reazioni che naturalmente si sprigionano dopo un'eruzione. Nel caso di Serracozzo, tutto questo è avvenuto nel 1971. Da due piccole luci in superficie penetrano i raggi del sole: per un attimo immaginiamo di essere all'interno di un tiankeng cinese. Daniele ci intriga nell'indicarci una lunetta creata sulla parete destra della grotta, frutto di un'esplosione postuma di diversi giorni rispetto alla formazione della grotta.





 Il suo racconto ci avvince definitivamente quando racconta che laggiù, dove l'orizzonte della cavità si perde in una buia e scoscesa cascata di sassi lavici, il suolo calpestabile va avanti per altri 400 metri, che lui in passato ha quasi interamente percorso. 



Soprattutto, ci conquista quando confessa che, sì, "qua dentro ci ho dormito, un paio di volte. Era d'inverno, un'escursione in mezzo alla neve. Anziché montare la tenda decidemmo di ripararci nella grotta". Daniele ammette di averlo fatto solo perché provvisto di un sacco a pelo 'molto buono'. Non ci spiega, anche perché non facciamo in tempo a chiederlo, quali precauzioni abbia assunto per tenersi alla larga da possibili visite animali, o semplicemente dalla paura.

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PICCOLI UOMINI TRA LA GROTTA E IL CRATERE

Dopo poco riguadagniamo l'aria aperta, ci rimettiamo in cammino. Arriveremo a monte Simone, quota 2080 metri; da lì, battuti da una brezza che si fa improvvisamente fredda inducendoci a indossare i pile, ci stupiremo nell'osservare la vastità tenebrosa della valle del Bove sotto i nostri piedi, e la solennità del pennacchio di gas e vapori che contorna la cima del vulcano sopra le nostre teste. 





 
Solo a tratti però spodesteremo dalla nostra mente immagini e sensazioni della grotta di Serracozzo. Dalle cui aperture in superficie arrivano rumori, mentre vi transitiamo al ritorno: sono le voci di altri escursionisti che si trovano in quel momento all'interno, dove noi eravamo passati prima. Nonostante che nella formazione di questa cavità l'essere umano non abbia messo mano, è proprio in quell'oscurità che - basta pensarci solo un attimo - ti appaiono nitide le immagini di tanti piccoli uomini. Quelli che nei secoli sono fuggiti dai ruggiti dell'Etna. O che si sono ingegnati per limitarne le effusioni, o addirittura trarne beneficio. E' in quella cavità che immagini facilmente anche lo strazio degli schiavi che scavavano pietra calcarea nelle latomie della vicina Siracusa. Ed è sempre lì che ben t'immagini Polifemo mentre scaglia faraglioni neri all'indirizzo di Ulisse, nel mare di fronte ad Aci trezza. 


 
Poi rientriamo al rifugio. Stanchi, appagati, meravigliati. E piccoli, ancora più piccoli. Granelli d'uomini al cospetto del creato.



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Approfondimenti
Parco dell'Etna e sentieri: www.parcoetna.it
Rifugio Citelli: http://it.wikipedia.org/wiki/Rifugio_Citelli
http://ctzen.it/2014/06/18/madre-nostra-letna-nel-suo-lato-intimo-un-documentario-nellanniversario-unesco/
Grotta di Serracozzo: http://www.mungibeddu.it/mungibeddu/schede/065.html
Monte Simone e Valle del Bove: http://www.cataniaperte.com/etna/vulcanologia/valledelbove.htm
Immagini eruzione estate 2014: http://www.marcodimauro.it/wordpress/723-citelli-serracozzo-letna-vista-da-una-nuova-angolazione/
Tiankeng: http://www.chinaculture.org/gb/en_curiosity/2004-08/10/content_58840.htm
Latomie Siracusa: http://www.ibmsnet.it/siracusa/latomie.html
Faraglioni Aci trezza:
https://www.flickr.com/photos/luigistrano/8576957405/