venerdì 31 agosto 2012

la dignità di chi scava in cava

Noi facciamo attenzione al lavoro. E non è perché siamo migliori degli altri. Solo ci piace fare le cose come devono esser fatte. (..). Se sbagli qui, il mondo ci mette un attimo a crollarti addosso”.

Pensano che tutto vada bene, pur di portarsi a casa uno stipendio, ma fare un mestiere non c'entra un accidente con il guadagnare dei soldi. E io ho faticato 40 anni qua dentro solo per venire un bel giorno in cava e vederli leggere sul giornale fuori dalla testa quelle sulle stronzate sugli incidenti sul lavoro. Come se il lavoro accoppasse i cristiani. Nessun lavoro ammazza la gente. Sono le persone a farlo”.

Ecco dove mi ha portato, quel libro. A scolpirmi in testa altre due frasi. Che estrapolate dal resto del testo forse non si apprezzano in pieno; ma che, garantisco, rendono l'idea meglio di tanti dibattiti su cosa voglia dire fare con dignità e civiltà un lavoro, qualunque esso sia. E più che mai, se è un lavoro di miniera o di cava. A proposito di dignità, ci sono due pagine finali folgoranti (le 198-199) del libro di Cavina, quelle in cui il padre fa svestire alla figlia i vestiti alla moda acquistati con i guadagni dei lavori di cui lei si vergogna. Troppo lunghe da copiare. Cercatele, e leggetele.


Nessun commento:

Posta un commento