martedì 17 gennaio 2012

IN GALLERIA OGGI, A SERBARIU

Inaugurato da neppure un anno, il Museo-laboratorio di Carbonia, oggi, è una realtà in pieno divenire. L'ampia disponibilità di spazi che ancora restano da recuperare paiono destinati ad ospitare centri di ricerca sull'energia pulita, un master in architettura razionalista, una cineteca, un'area di botteghe artigiane, un museo paleontologico.
Già oggi, tuttavia, la visita vale un'abbondante ora e mezza di tempo. Un percorso interno che diventa avvincente se fatto in compagnia del personale addetto alle spiegazioni, peraltro molto disponibile, documentato e motivato. Si comincia dalla lampisteria, simulando il gesto dei minatori che lasciavano la targhetta per prendersi elmetto e lampada. Si passa in una delle torri di traino, contenente ancora l'argano originale, fondamentale per far risalire in superficie uomini e materiali: aprendo la porta, l'odore di carbone inonda le narici, al punto che quel luogo sembra chiuso appena la sera prima. L'interno scarno è del resto rimasto come l'ultimo giorno di attività. Il percorso prosegue poi finalmente sotto terra: si scende tramite quella che era l'uscita di sicurezza per i minatori, e si visita il primo degli otto livelli sotterranei che Serbariu arrivò a perforare nel corso degli anni. Si spazia dal carrugio, il corridoio principale, alle innumerevoli gallerie affluenti. Il nero ci pervade, il carbone scrocchia continuamente sotto i nostri piedi, passiamo in rassegna tutti gli aspetti dell'attività estrattiva quotidiana: il movimento delle berline, le tecniche di scavo, dalle iniziali a quelle più moderne basate su gigantesche ruote dentate chiamate Rabot (in uso, ad esempio, a Nuraxi Figus). Si immaginano gli aspetti più crudi di quelle giornate: le pignatte col pranzo appese in aria per scamparle dai topi, la mancanza di servizi igienici (con i bisogni fisiologici espletati in un angolo buio, prossimo al fronte di scavo), addirittura l'impiego della pipì per lavarsi, in mancanza d'altro. Si immaginano anche le non meno crude fasi collaterali: ad esempio l'impiego in superficie di bambini, usati come cernitori insieme alle donne fino ai 14 anni, e dopo già assoldati come minatori.
La risalita suscita sentimenti contrastanti: ci lasciamo alle spalle quasi un film avvincente, che in quanto tale forse avremmo voluto non finisse ancora; ma anche il contatto a pelle con la fatica, le disgrazie, la pena di migliaia di uomini e di famiglie. La guida ci saluta con cortesia, bookshop e caffetteria ci riportano gradualmente alle specificità di un attualità molto più attutita, gli anni 2000. che qui, a Carbonia, tuttavia, non hanno cancellato le memorie del passato.

(14 dicembre 2007)

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