martedì 17 gennaio 2012

CARBONIA 2006, LA SECONDA VITA DELLA MINIERA

Il CICC (o Museo del Carbone) è la nuova forma di vita che, dal 2006, ha coinvolto quei luoghi dove a cavallo dell'ultima guerra mondiale si sviluppò l'industria del carbone a Carbonia. A differenza di quanto avvenuto altrove (in Francia, ad esempio, dove nel Nord pas de Calais non hanno esitato un attimo a salvaguardare la memoria della miniera attiva fino al '91), una volta cessata l'attività Serbariu cadde nell'oblìo. “Dove sono finiti tutti i minatori della fatica immensa – lascia scritto in quegli anni un anonimo cavatore – i nostri padri, i nostri coraggiosi antenati. Dove sono?”.
Quella memoria è troppo forte, e recente, per questo margine di Sardegna, per essere definitivamente soppressa. Il nuovo millennio è il tempo del rigurgito, e tra i primi a percepirlo c'è il sindaco di Carbonia Tore Cherchi. Ingegnere minerario, già deputato Ds in Parlamento, nel 2002 fissa tra gli obiettivi del suo mandato il recupero di quell'area da 28 ettari che la storia ha perlopiù cristallizzato laggiù, a non più di 3 km. dal palazzo comunale. La comunità si lascia coinvolgere, spuntano cimeli, attrezzi di lavoro, brani di lettere: tutto può far museo e tutto lo fa, grazie soprattutto al finanziamento UE che la città sa sfruttare per coprire il 90 per cento dell'investimento necessario (22 milioni di euro). Il taglio del nastro avviene nell'autunno 2006: ai reduci di quell'epoca brillano gli occhi nel vedere ripresi a nova vita i 2500 metri quadri della Lampisteria (la sala dove i minatori prendevano o lasciavano elmetto e torce, indispensabili per il lavoro) che fu progettata da Pierluigi Nervi, e che ora ospita il cuore della parte espositiva del Centro.

(6 dicembre 2007)

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