giovedì 19 gennaio 2012

ABBADIA SAN SALVATORE: ASCESA, CADUTA E FUTURO

Nel periodo di maggior fulgore, Abbadia si contendeva con una località russa il ruolo di primo produttore di questo metallo. Il mercurio era essenziale, ad esempio, per ricavare quel Fulminato di mercurio usato per detonare le bombe, almeno fino all'avvento dei meccanismi elettrici. All'epoca nel centro lavoravano fino a 2mila persone: i più sottoterra, in 3 turni al giorno di 8 ore l'uno, gli altri chi alla frantumazione delle rocce, chi alla loro asciugatura, chi alla vaporizzazione od alla trasformazione finale in gocce di mercurio. Si pensi che nel 1912 i lavoratori erano appena 200, mentre Abbadia non arrivava a 2mila abitanti: salita fino a 10mila, dopo la chiusura degli scavi si è assestata sulle 6mila unità. Una comunità fortemente coesa, quella badenga: anche perché quasi nessun minatore era 'foresto', e del resto quasi nessun badengo lavorava altrove. L'atroce fatica del sottosuolo era compensata con forniture di legname, vacanze in colonie per i bambini e tanto altro ancora: al punto che quei pochi che facevano altro in paese, finivano per sentirsi isolati.

Da fuori venivano semmai gli ingegneri minerari, per lungo tempo formati esclusivamente a Caltanissetta, nella vicina Massa Marittima o in alta Italia. E stranieri, piuttosto erano stati i fondatori: tedeschi per la precisione, fino a quando l'Italia non ruppe con la Germania durante la Grande guerra, e per il centro cominciò una gestione pubblico-privata durata a fasi alterne. Fino ai nostri giorni, con l'Eni a guidarne la chiusura, la messa in sicurezza e ora la bonifica, sottoforma di finanziamento al Comune di Abbadia che se ne è fatto ora carico, secondo il Protocollo siglato nel 2008.

(16 ottobre 2009)

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