giovedì 19 gennaio 2012

ABBADIA SAN SALVATORE: LA SCARICA DEI 101

Entrare oggi nel Museo minerario di Abbadia San Salvatore espone in modo forte a sentimenti contrastanti. Il cuore si stringe appena varcato il portale d'ingresso alla grande area, quando sulla sinistra si nota la lapide con i nomi dei tanti uomini (101) che qui hanno lasciato la vita. Man mano che trascorrono i minuti, cresce anche la suggestione legata al futuro dell'intero complesso: è ancora vasta la parte di stabilimento che resta da recuperare, e quindi ora inibita al pubblico. E' facile volare con la mente a quanto potrà essere affascinare osservare ciò che adesso è negato, una volta recuperato.

La suggestione più forte tuttavia arriva poco prima di metà percorso guidato, prima ancora di scendere nella miniera riadattata per le visite esterne. “Cos'è quello, e perché c'è scritto 'Sansone'?” chiede incuriosito un bambino di 7-8 anni, alla vista di un contenitore metallico simile a quelli in uso per la mungitura di vacche. Giovanni, insegnante in pensione, uno degli otto volontari (alcuni ex minatori) che si alternano da alcuni anni nel guidare i gruppi, spiega allora che quella garitta di gruppo (“Sansone era il marchio di fabbrica: non a caso, visto quanto pesava”) veniva impiegata ogni giorno per scendere dai pozzi giù in miniera le razioni di minestra o di pastasciutta per i minatori, a metà del turno di otto ore.
Resti sdegnato al sentire che “quelli più vicini al pozzo riuscivano a mangiarla calda, ma gli altri che si trovavano al fronte di sfondamento avevano bisogno dei coltelli, perché spesso la pasta arrivava fredda e aggrumata”; ma non è niente, rispetto a ciò che la guida spiega a ruota. “I guadagni dei minatori, soprattutto nei primi decenni, erano legati agli esiti delle ricerche ed alla richiesta del metallo sul mercato: non mancavano i periodi neri, e in quei tempi spesso i minatori rinunciavano a mangiare per sfamare mogli e figli, i quali all'ora del rancio si presentavano ai pozzi al posto degli uomini”.

Racconti come questi rendono l'idea della drammaticità quotidiana vissuta in miniera, in tutte come – nella fattispecie – in questa che per 90 anni (da fine '800 ai primi anni '70) è stata la fonte di sussistenza principale (e più avanti, l'unica) di Abbadia San Salvatore e del circondario. Non a caso questo Centro (inaugurato da neppure 5 anni, tra i più recenti in Italia) oggi punta molto sul racconto diretto, per caratterizzare e rendere appassionante il proprio percorso illustrativo. E non solo grazie alla presenza fisica degli ex minatori in veste di guida: sicuramente d'effetto sono i 5-6 punti ascolto sparsi lungo il percorso “sotto”, nei quali a richiesta è possibile ascoltate la voce viva (registrata) di protagonisti diretti di quel luogo, che raccontano cosa 'fanno' (la narrazione è in stile presa diretta), che rischi corrono, da dove arrivano e con quali timori; e le voci si alternano ai rumori dell'ascensore, dei vagoncini, dei martelli ad aria compressa che qui hanno risuonato a migliaia.

(12 ottobre 2009)

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