martedì 17 gennaio 2012

INGURTOSU, LE LAVERIE E PISCINAS

La percezione di scenario spettrale che suscita oggi Ingurtosu, non sarebbe pienamente comprensibile senza correlarla alla vista della sottostante laveria. Alcuni chilometri più sotto, quando la strada ha ormai ripreso praticamente il livello del mare e le montagne traboccanti di vegetazione sono tornate a dominarci dall'alto, l'asfalto sotto le ruote dell'auto lascia il posto alla strada bianca. E' così per quasi 10 chilometri, fino all''attracco' sulla sabbia di piscinas. E' qui che d'improvviso, ai lati della strada si staglia uno dei più spettacolari esempi di archeologia industriale, legati all'epoca dello sfruttamento minerario intensivo del Sulcis. Sono gli edifici, diroccati o diroccanti, che residuano dalla laveria di Ingurtosu. Il senso della storia che lascia disordinatamente le tracce della propria pesante evoluzione è evocata da mura cadenti, prospettive che paiono scenari teatrali, e soprattutto dai mille colori del metallo, che i lavaggi hanno disseminato ognidove su scoscesi grumi di materiale di risulta. A tratti luccica il grigio, un attimo dopo la ruggine, a costeggiar il sentiero scaglie che paiono creta.
Qui, per lunghi decenni, migliaia di uomini hanno dato tutto di loro stessi, dei loro bisogni, del loro affetto per i familiari. Qui oggi sembra tutto dilavato, e già pochi chilometri avanti, quando arriviamo alle stupefacenti dune arancio di Piscinas, il ricordo di quel passato che grida muto sotto Ingurtosu sembra svanito. Eppure, quegli uomini che laggiù piegavan la schiena, spesso a quel limitrofo mare non sono mai arrivati lungo tutta una vita.
(21 novembre 2007)

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