Da Iglesias verso il mare, quello della costa occidentale della Sardegna, il primo contatto con la macchia blu avviene a Gonnesa, una lunga spiaggia bianca (alcuni chilometri) affollata fosse solo a luglio e agosto. Proseguendo, la strada diventa finalmente costiera e inerpicandosi sui peripli in bilico tra roccia e mare, inizia a sfoggiare panorami-capolavoro.
Nebida e il Pan di Zucchero. S'intravede così, dopo poco, la sagoma anomala del Pan di Zucchero, un faraglione che per quest'area vale non meno di quanto facciano i suoi più celebri omonimi per l'isola di Capri. Il Pan di Zucchero è la perla della vista che si gode da Nebida, centro abitato da un migliaio di abitanti, sparso alla base di un monte dove l'epoca delle estrazioni ha lasciato vistose cicatrici. E' facile accorgersene percorrendo il belvedere, la passeggiata che corre quasi a strapiombo sul mare, sorvolando un chiaro segno dell'uomo minerario. Parliamo delle laverie La Marmora, dal nome dell'ingegnere che ne firmò la realizzazione in un punto da cui l'imbarco del minerale purificato sulle navi da trasporto doveva essere relativamente semplice. Visto da sopra può sembrare un residuo di acquedotto romano, in realtà è quanto resta di una costruzione in uso fino a meno di 50 anni fa.
Completando il percorso in circolo della passeggiata, la vista dirimpetto di Nebida e del monte su cui adagia evidenzia le “bucature” dove gli uomini sono andati per “cavare” o estrarre a lungo. La storia di Nebida è in gran parte storia di sottosuolo. E la storia di Clemente, ex minatore, ne dice molto. La inseriremo tra i tag delle storie.
(11 novembre 2007)
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